Rientrata nelle steppe del Kazakhstan alle 0359:39 UTC di venerdì 16 la Soyuz TMA-21 che trasportava Alexander Samokutyaev, Andrey Borisenko e Ronald Garan. Tutto bene e rispettando i piani del nuovo programma voli che collegano la Stazione Spaziale Internazionale con Terra.
Scoperto il primo pianeta che orbita un sistema stellare binario. La sonda Kepler ha rilevato la variazione di luminosità di una coppia di stelle, evidenziando la presenza del pianeta. È un gigante gassoso con dimensioni paragonabili al nostro Saturno ed è stato chiamato Kepler-16b. Questa scoperta apre nuove possibilità di trovare vita su remoti pianeti, ma di fatto stravolge il concetto di “zona abitabile” come una parte dello spazio di un sistema stellare compresa fra due limiti di distanza dalla stella: con due soli in movimento reciproco è molto difficile stabilire una zona precisa.
Quanti di voi hanno pensato al pianeta Tatooine di Star Wars?
È stata lanciata dalla base di Cape Canaveral in modo perfetto il 10 settembre alle 1008 UTC, la coppia di sonde GRAIL che dovranno creare una mappa gravitazionale estremamente precisa della Luna.
Si stanno ora dirigendo al punto lagrangiano Terra-Sole L1 posto a circa un milione e mezzo di chilometri da noi, per poi ritornare verso il nostro satellite naturale dove entreranno in orbita nei giorni 1 e 2 gennaio prossimi.
Attesa per il rientro del satellite scientifico statunitense Upper Atmospheric Research Satellite (UARS) del peso di 5670 kg. Lanciato dallo Space Shuttle Discovery nel 1991, ha funzionato per 14 anni (contro i tre previsti) studiando l’alta atmosfera terrestre. Quando i tecnici addetti al controllo del veicolo lo hanno messo fuori servizio non hanno considerato che il propellente residuo nei serbatoi non era più sufficiente per un rientro totale e controllato, lasciando così parte del lavoro di distruzione atmosferica al freno atmosferico residuo presente nell’orbita. Così non si ha certezza del momento in cui rientrerà e soprattutto del dove. Dato che si trova su un’orbita inclinata a 57°, ogni luogo del nostro pianeta compreso fra i 57° nord e i 57° sud potrebbe vedere lo spettacolo del rientro, ma si calcola che almeno 500 kg di detriti giungeranno a Terra. Le statistiche dicono che la probabilità che qualcuno venga colpito da questi detriti è di 1:10'000, e che probabilmente precipiterà in oceano. Si stima che il rientro avvenga intorno alla fine di settembre (potrebbe essere intorno al giorno 24).
Presentato dalla NASA il nuovo (si fa per dire) Space Launch System, il lanciatore pesante che dovrà portare in orbita la nuova generazione di astronavi. Si tratta di un missile a propellenti liquidi criogenici derivato dagli ET dello Shuttle con una coppia di booster anch’essi di origine Shuttle, ma con 5 segmenti. Due versioni base, una con 70-100 tonnellate di carico in orbita bassa e l’altra con 130 tonnellate di carico, sempre in orbita bassa.
Si tratta, né più né meno del vecchio Constellation, con la differenza che questo lanciatore pesante sarà anche certificato per il volo umano e quindi sarà decisamente più complicato e dispendioso il suo sviluppo. Si prevede un primo volo test (non abitato) nel 2017, la messa in servizio non prima di 3-5 anni e il primo volo della versione 130 T non prima del 2030. Costo stimato 10 miliardi oltre a 2 per riconvertire i sistemi di Terra al KSC e 6 per il completamento della capsula Orion. Fonti non ufficiali parlano di 41 miliardi totali per lo sviluppo e i voli fino al 2030.
E dire che l’HLV Shuttle-C era a portata di mano con un costo stimato di 6,6 miliardi di dollari, un carico utile di 92 tonnellate con un tempo di sviluppo per il primo volo abitato inferiore ai cinque anni…
Come anticipato ad aprile, la NASA sta collaborando con Alliant Techsystems Inc. e EADS Astrium per lo sviluppo del vettore Liberty, nato dalle ceneri dell’Ares I e del quale riprende parte dell’architettura.
Anche qui nulla di nuovo sotto il Sole: i primi voli dovrebbero avvenire intorno al 2015 e questo nuovo vettore sarà in grado di portare in orbita bassa e sulla ISS ogni capsula attuale e in progetto, comprendendo anche quelle dei sistemi privati.
L’obiettivo è di accorciare i tempi del ritorno americano in orbita e limitare i costi a 180 milioni di dollari per volo.
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