No, purtroppo non ha richiamato, ma i lavori sui suoi dati sono in pieno svolgimento.
Il terreno artico di Marte in cui ha scavato Phoenix è molto freddo e molto secco. Ma su scala temporale lunga, i cicli climatici potrebbero aver reso il sito più temperato ed il suolo avrebbe potuto essere abbastanza umido da modificare la propria chimica con variazioni che permangono durante i periodi freddi.
Phoenix ha trovato indizi che aumentano la certezza che il movimento del vapore d’acqua attraverso il terreno fra l’atmosfera ed il sottostrato ghiacciato avvenisse regolarmente e fosse in qualche modo alimentato dalle alte temperature. In questo modo, quando l’asse di rotazione di Marte era più inclinato di adesso, si sarebbero avuti periodi in cui il terreno si inumidiva.
Il team della missione che ha raccolto informazioni per cinque mesi, ha portato queste scoperte ad un meeting dell’American Geophysical Union.
Peter Smith della University of Arizona ha detto: “Abbiamo nevicate dalle nubi e brina sulla superficie, con ghiaccio a pochi centimetri di profondità e terreno asciutto nel mezzo. In un clima più temperato, diversi milioni di anni fa, il ghiaccio potrebbe essere stato più in profondità, ma la brina superficiale avrebbe potuto sciogliersi e bagnare il terreno”.
Senza grandi lune come la Terra per stabilizzane la rotazione, Marte attraversa periodicamente dei cicli durante i quali la sua inclinazione aumenta superando anche quella terrestre. Durante questi periodi così inclinati il Sole salirebbe molto di più nel cielo sui poli di quanto non lo faccia adesso e la zona in cui è disceso Phoenix ha certamente avuto tiepide estati.
Ray Arvidson della Washington University in St. Louis ha aggiunto: “Il ghiaccio che si nasconde nel sottosuolo attorno alla sonda non è un deposito lasciato da qualche antico oceano, ma è in equilibrio con l’ambiente circostante. I cambiamenti climatici provocati dalla variazione dell’asse di rotazione avvengono su una scala compresa fra centinaia di migliaia e milioni di anni. Sarà successo dozzine di volte negli ultimi 10 milioni di anni che sottili strati di acqua fossero attivi nel suolo e probabilmente accadrà altrettante volte nei prossimi 10 milioni di anni.
Strutture a zolle come quelle trovate nei campioni di terreno raccolti è uno degli indizi degli effetti dell’acqua. L’esame microscopico del terreno mostra particelle individuali, caratteristiche di polvere e sabbia battute dal vento, ma la compattezza del suolo era tale da non corrispondere con i modelli previsti. E non è cementato in modo durissimo, si sbriciolerebbe nelle nostre mani, ma questa coesione in zolle ci dice che qualcosa fa da leggero collante dando una certa coesione alle sabbie.
Questo effetto cementante potrebbe risultare da molecole d’acqua che aderiscono alle superfici delle particelle di suolo o potrebbe derivare dalla deposizione dei sali del terreno trasportati dall’acqua, come il perclorato di magnesio o il carbonato di calcio.
La sonda di conduttività elettrica ha inoltre rilevato che le proprietà elettriche cambiano consistentemente con l’accumulo di molecole d’acqua sulla superficie del terreno durante i cicli quotidiani di giorno/notte.
C’è uno scambio fra l’atmosfera ed il ghiaccio sottosuperficiale, con la formazione di uno strato di molecole d’acqua che quando misurato si trova esattamente dove ce lo aspettiamo.
In questo modo il team è ancora più motivato a ricercare altre conferme delle proprie teorie per spiegare l’evoluzione marziana durante le varie fasi di un ciclo di variazione dell’inclinazione dell’asse del pianeta.
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