Rientro senza problemi per i due cosmonauti russi e per il turista americano a bordo della Soyuz TMA-12. La capsula ha toccato Terra alle 5:37 CEST (italiane) presso Arkalyk nel Kazakhstan.
Le squadre di recupero russe erano appostate per controllare il rientro ed hanno raggiunto il veicolo pochi minuti dopo che era entrato in contatto con il suolo. Hanno immediatamente prestato assistenza al comandante Sergey Volkov, all’ingegnere di volo Oleg Kononenko ed al turista Richard Garriott e li hanno trasportati a Star City, vicino a Mosca per le doverose visite mediche e per i rapporti di fine missione.
“La Soyuz è atterrata quasi esattamente dove previsto”, ha detto Rob Navias dal Johnson Space Center di Houston. “L’orario è stato rispettato e la rotta ha deviato al massimo di un paio di chilometri. Anche l’equipaggio ha confermato di sentirsi bene”.
A bordo della Soyuz erano presenti due “figli d’arte”, Volkov, figlio di Alexander, veterano di 3 voli Soyuz e Garriott, figlio di Owen già astronauta sullo Skylab e sullo Shuttle.
“Questa esperienza mi ha soddisfatto, anzi, ha superato le mie attese”, ha detto Garriott, il turista che ha speso 30 milioni di dollari per far parte di questa missione. “Sto già pensando al mio prossimo viaggio, soprattutto perché con questa missione ho cercato di studiare ed analizzare come potrebbero dei privati cittadini contribuire al successo delle missioni spaziali. E su questo argomento ho ancora un sacco di cose da dire!”
Con Volkov ai comandi la Soyuz TMA-12 ha mollato gli ormeggi dal molo Pirs della International Space Station alle 2:16 CEST di questa notte. Un’accensione di frenatura di 4 minuti e 22 secondi alle 4:45 CEST ha poi rallentato la capsula per permetterle, 25 minuti dopo, di tuffarsi nell’atmosfera ed eseguire un rientro da manuale.
Questa operazione di ritorno ha attirato molte più attenzioni a causa della serie di due rientri balistici subiti dagli equipaggi delle Soyuz TMA-11 e 10 a causa del difettoso sgancio dei moduli aggiuntivi della capsula (in particolare il modulo propulsivo). Il rientro non-nominale comporta un alto carico di accelerazione (fino a 10 G) e una discesa “corta”, anche di centinaia di chilometri che causa un inevitabile ritardo alle squadre d’appoggio per l’equipaggio stesso. Per questo rientro erano state predisposte delle squadre sia in prossimità di un possibile rientro balistico che in una posizione intermedia. Fortunatamente non sono servite.
Nell'immagine (NasaTV) la mappa del punto di rientro.
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