Sulle pagine di Twitter c’è molta gente che, dato che la missione primaria è completata, sta salutando Phoenix, ma la sonda ci tiene a far sapere che ha intenzione di durare ancora diverse settimane...
I pannelli solari stanno producendo circa 2000 Wh per Sol che non sono i 3500 dell’inizio missione, ma sono decisamente di più del minimo necessario alla sopravvivenza.
È certamente una situazione da tenere presente per quanto riguarda il lavoro “pesante”, tipo scavo e analisi, ma se consideriamo che Spirit è sopravvissuto con 220 Wh per Sol, decisamente ci sono ancora molti Sol davanti a Phoenix.
Patrick Woida, un ingegnere del team, nel suo blog accenna al ritorno alla normalità terrestre per il team che fino a pochi giorni fa viveva seguendo il fuso orario di Phoenix. “Era come vivere continuamente in una sorta di jet-lag (il malessere da cambio di fuso orario) e anche solo vedere i figli era un problema”, in effetti un Sol marziano dura quasi 40 minuti in più di quello terrestre (esattamente 39’35”) e di conseguenza c’è un continuo ‘slittamento’ degli orari da un giorno all’altro. Era una prassi utilizzata per sfruttare il più possibile il tempo a disposizione, grazie anche al fatto che il Sole su Phoenix non tramontava mai. Ora invece inizia ad esserci una notte vera e propria e quindi senza Sole non si può fare nulla. Dovendo preparare le operazioni da un Sol per l’altro (un giorno si prepara e quello successivo si inviano le operazioni) ci si può organizzare per non stravolgere la vita dei componenti del team.
È comunque triste sapere che arriverà il momento in cui l’energia non basterà più per quel meraviglioso congegno.
La coppia di foto allegata mostra la zona sotto il lander con una differenza temporale di tre mesi circa. La prima è stata ripresa nel pomeriggio di qualche giorno successivo all’atterraggio, mentre la seconda risale alle 4 del mattino di pochi Sol fa.
La cosa curiosa è soprattutto quella specie di incrostazione sul braccetto di sinistra che, benché presente in entrambe le foto, denota delle variazioni di consistenza.
Le ipotesi sono due. La prima è che il lander durante la fase finale della discesa abbia in qualche modo scaldato il terreno sciogliendo il ghiaccio e il fango così formato si sia attaccato alla struttura. L’alternativa è che sia del semplice terreno contenente sali che sono sempre stati sollevati durante l’atterraggio. In entrambi i casi le modificazioni potrebbero essere state provocate dall’umidità atmosferica che tende ad essere assorbita e a cristallizzare sulle incrostazioni.
Altra curiosità è lo strato scuro che appare sopra la zona liscia situata al di qua della zampa lontana del lander: a prima vista è un accumulo di materiale lasciato dalla sublimazione dello strato superficiale di ghiaccio scoperto sempre dai motori nel momento del contatto con il terreno. Teoria avvalorata anche dall’apparente abbassamento del livello della stessa superficie liscia.
Stazione meteo.
Dopo un paio di giorni nuvolosi e altrettanti polverosi il Sol 95 era chiaro con il Sole splendente. Temperatura minima -82°C. Temperatura massima -28°C. Vento e pressione non sono pervenuti.
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