La NASA ha completato da poco una teleconferenza per la stampa.
La strumentazione a bordo del Phoenix Mars Lander ha rilevato quello che può essere perclorato nel suolo marziano. È una notizia che frena la raffica di speculazioni sul fatto che il Pianeta Rosso sia o sia mai stato abitabile.
Benché il perclorato possa essere altamente tossico, alcuni vegetali terrestri prosperano dov’è presente questo composto e quindi la sua presenza non è né un punto a favore e né un punto a sfavore della possibile abitabilità.
“Abbiamo delle sostanziali evidenze che i campioni di terreno contengono perclorato, che è uno ione del cloro con 4 atomi di ossigeno”, ha detto Peter Smith, dirigente del progetto Phoenix presso la University of Arizona. “Sulla Terra i perclorati sono presenti ad esempio nel deserto di Atacama, in Cile, in associazione con nitrati e sono utilizzati come fertilizzanti. Il deserto è un ambiente eccezionalmente arido che vede la pioggia molto raramente e non ha vegetazione vascolare. È spesso usato dagli scienziati come terreno analogo a Marte.”
“Questi composti sono abbastanza stabili nel suolo e nell’acqua e generalmente non distruggono la materia organica”, ha aggiunto Smith. “Infatti esistono specie di batteri che elaborano i perclorati e vivono dell’energia liberata da questo ossidante. Quindi questo è un importante indizio per capire se esistono condizioni per permettere l’abitabilità di Marte da parte di vita microbica. In sé non è né positivo e né negativo per la vita.”
Ad ogni modo i risultati non sono ancora stati confermati da entrambi gli strumenti principali contenuti nella sonda e mentre il perclorato è definito come un composto tossico con potenti proprietà ossidanti, è troppo presto per trarre delle conclusioni sull’abitabilità della zona dell’atterraggio o in generale di Marte.
“Il modo in cui il perclorato possa influenzare l’abitabilità è una questione complessa della quale non conosciamo ancora la risposta” ha continuato Smith. “E’ un materiale molto stabile e non tende ad attaccare i materiali organici a meno che non venga riscaldato a temperature molto alte. Quindi non è un limite per noi in quanto se trovassimo materiali organici nei prossimi campioni non sarà una grande sorpresa vederli convivere in questo terreno gelato.”
Come già detto altre volte, gli strumenti di bordo di Phoenix non sono in grado di rilevare direttamente la vita, ma solo di riconoscere qualche elemento organico e se esistono le condizioni di abitabilità. Queste informazioni potranno essere utilissime per le prossime missioni.
Michael Meyer, capo scienziato del Mars Exploration Program al quartier generale NASA ha oggi smentito ufficialmente le voci di un possibile coinvolgimento della Casa Bianca sulla possibile divulgazione della notizia di ritrovamento di vita su Marte. Ed ha aggiunto: “Sono necessari molti altri esperimenti per risolvere gli enigmi contenuti nei risultati ottenuti finora. Queste conferenze sono decisamente inusuali, infatti stiamo aprendo una finestra nel progetto per permettere all’opinione pubblica di vedere i nostri progressi in tempo reale. Abbiamo accantonato la tradizione di divulgare solo informazioni definitive a causa dell’estremo interesse dimostrato verso Phoenix, in questa ricerca di un ambiente abitabile nelle pianure settentrionali di Marte.
“Piuttosto delle speculazioni che stanno dilagando su internet”, ha proseguito Meyer, “vi prometto di poter dare uno sguardo diretto nelle investigazioni in corso all’interno dell’Operation Center, ma devo avvertirvi che il nostro lavoro è appena iniziato e soprattutto siamo solo a metà strada della fase di raccolta dati.”
Ma è il perclorato a tenere banco oggi e quindi le domande su questo argomento sono continuate. A ripetute richieste sulle implicazioni nella presenza di questo composto, è sempre stato risposto che non si possono ancora sapere.
I due campioni inseriti nel MECA (Microscopy, Electrochemistry and Conductivity Analyzer) hanno confermato la cosa, ma quelli nel TEGA (Thermal and Evolved-Gas Analyzer) no.
Il team sta inoltre verificando che il perclorato non sia involontariamente aggiunto dalla sonda stessa, dato che viene anche utilizzato come propellente missilistico. I retrorazzi di Phoenix erano comunque alimentati ad idrazina.
Pare che tutta questa agitazione provenga dal fatto che l’atomo di cloro è circondato da più atomi di ossigeno del previsto e quindi come scienziati sono affascinati da queste curiosità. La risposta è che diversi sali di perclorato hanno formule e comportamenti diversi e quindi è molto difficile che il terreno analizzato da Phoenix sia rappresentativo dell’intero pianeta.
In effetti i perclorati potrebbero aver influenzato pesantemente il pianeta, dalla formazione del terreno alla presenza di precipitazioni.
“In realtà è stato aperto un nuovo enorme argomento di discussione” ha concluso Michael Hecht, responsabile del MECA. “E potremmo parlare di ogni sfaccettatura a lungo, ma probabilmente il team non è ancora pronto per farlo”.
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