Nella quarta giornata in orbita si è svolta la prima attività extraveicolare della missione (la numero 110 per la ISS) durata 6 ore e 48 minuti e tutti i compiti sono stati eseguiti alla perfezione.
Dopo aver restituito allo Shuttle l’estensione OBSS del braccio robotica, il gigantesco modulo giapponese Kibo è stato posizionato nella sua collocazione definitiva e vederlo uscire cautamente dalla stiva del Discovery per raggiungere la ISS è stato un vero spettacolo. Ricordiamoci che è il più grande modulo della Stazione Spaziale.
Fra i compiti c’era anche la verifica degli ingranaggi e cuscinetti del giunto SARJ (Solar Alpha Rotary Joint) di destra, quello che comanda la rotazione degli enormi pannelli solari che ormai da tempo presenta problemi. È stato appurato che il deposito di limatura di metallo che ormai inquina tutto il giunto può essere rimossa in modo semplice con l’uso di grasso lubrificante che per di più, oltre ad inglobare i minuscoli trucioli impedendogli di diffondersi ovunque, lascia anche un velo di lubrificante per facilitare il movimento.
La brutta notizia è che il punto di accumulo di questa limatura non è una parte sporgente come appariva in un primo momento, ma è scavata e questo lascia presagire che il difetto comporti un consumo delle parti coinvolte, cosa che obbliga a considerare la sostituzione dei pezzi prima che si siano consumati completamente. Se fosse stata una sporgenza sarebbe stato un difetto di fabbricazione compensabile con una ritaratura delle coppie di ingranaggi. Sono stati comunque sostituiti alcuni cuscinetti di guida del giunto.
Questa passeggiata, la centonovantacinquesima della storia spaziale americana, corrisponde al 43° anniversario della prima attività extraveicolare USA eseguita da Ed White che uscì dalla Gemini IV. Era il 3 giugno 1965.
Tutte le analisi del rivestimento termico del Discovery non evidenziano problemi gravi: solo tre o quattro zone presentano anomalie minori su cui investigare, ma che non saranno problematiche per il rientro.
Sul versante dei danni alla rampa di lancio 39A è stato appurato che a cedere sono state delle travi che tenevano allineati i mattoni refrattari che ricoprono il condotto di sfogo degli scarichi dei motori SRB. È stato sufficiente che cedesse una sbarra verticale che, come un effetto domino, buona parte del rivestimento si è staccato ed è stato proiettato a grande distanza dai potentissimi getti degli scarichi. Sarà solo un lavoro un po’ lungo, ma nulla di impossibile, senonché quel tipo di mattoni refrattari risalgono agli anni sessanta, quando le due rampe di lancio sono state costruite per il progetto Apollo ed ora, la fabbrica che li costruiva, non li produce più. I tecnici dovranno quindi darsi da fare per trovare un prodotto simile o chiedere all’azienda di rimetterli in produzione.
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