Il braccio robotico di Phoenix ha rilasciato la quantità prevista di suolo marziano su un’apertura schermata del laboratorio montato sulla sonda. Purtroppo lo strumento all’interno del lander non ha ricevuto alcun campione.
Gli ingegneri e gli scienziati del team di Phoenix si stanno confrontando con l’Università dell’Arizona per determinare il miglior approccio alla situazione che si è creata. Occorre prima di tutto trovare un modo per fare entrare il materiale nella camera di analisi ed a questo scopo occorre capire con le telecamere di bordo quanto il terreno superficiale sia composto da grumi di materiale.
Immagini dell’imboccatura del fornello d’analisi mostrano il terreno fermo sopra lo schermo protettivo che è piazzato all’imboccatura dello strumento TEGA. Il Thermal and Evolved Gas Analyzer ha un filtro metallico con aperture di circa un millimetro per evitare che troppo materiale in ingresso possa ostruire il condotto verso il piccolo fornello di misura. Un fascio di infrarossi verifica poi la presenza di materiale nel fornello. E questo fascio dimostra che il fornello numero 4, quello scelto per questa prima analisi, è rimasto vuoto.
I ricercatori non hanno ancora determinato il motivo per cui il materiale non abbia superato il setaccio all’ingresso, ma hanno iniziato a proporre delle possibilità.
“Penso che il terreno sia composto da grumi e che non abbia sufficiente granulosità fine da oltrepassare il filtro,” ha detto Ray Arvidson della Washington University di St. Louis, componente del team di Phoenix. “Proveremo ora a preparare il suolo schiacciando il terreno con la benna prima di raccoglierlo in modo da sbriciolare la granulosità e spargerne una quantità minore sulla griglia.”
Un’altra strategia in studio potrebbe essere l’uso degli scuotitori inseriti nel TEGA invece dei cinque minuti di scuotimenti che hanno fatto parte del processo standard di ricezione dei campioni.
Durante il Sol 12 non sono previste altre attività con la strumentazione scientifica, in attesa di trovare una soluzione al problema.
Il braccio robotico continuerà ad allargare il primo buco fatto per esercitarsi nello scavo e saranno fatte fotografie dettagliate del cumulo di materiale scaricato dalla benna durante le prove.
Arvidson ha aggiunto: “Siamo fiduciosi, impareremo le proprietà fisiche del suolo di questa zona. Potrebbe essere più compatto e coeso di quello a cui eravamo abituati negli altri siti d’atterraggio.”
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