Quando venne lanciata, il 24 febbraio 1996, la previsione parlava di 2 anni utili di missione per il satellite Polar. Fortunatamente, la missione è durata 12 anni e solo alla fine del febbraio scorso ha esaurito il carburante a disposizione.
La Missione Polar aveva il compito di studiare le Aurore e tutto quello che concerne il campo elettro-magnetico terrestre. Aveva a bordo 12 strumenti di cui 3 per eseguire riprese in banda X, ultravioletta e visibile delle varie aurore boreali o australi che avrebbe incontrato sulla sua traiettoria.
L’orbita, ovviamente polare, era molto ellittica e la portava a sorvolare un polo da 51’000 km di quota e poi precipitare a 5’100 km sull’altro e così via con la possibilità di scambiare fra loro le quote sui poli con correzioni di rotta. In questo modo percorreva un’orbita ogni 17 ore e mezza.
Con l’ultimo elio rimasto a bordo per garantire il raffreddamento delle apparecchiature, è ancora stato possibile eseguire delle correzioni d’assetto, sistema che ha permesso di arrivare a fine aprile. “Era come se fossimo riusciti a sfruttare il respiro della sonda per spingerla” ha detto John Sigwarth, uno degli scienziati responsabili del progetto “ma il 28 aprile ha finito il fiato…”. A quel punto il destino era segnato: durante la successiva orbita avrebbe incontrato la radiazione solare senza potersi raffreddare e senza controlli d’assetto, cosa che avrebbe causato una serie devastante di malfunzionamenti, iniziando dai radiatori, poi i vari strumenti, le batterie ed infine i trasmettitori. Dal Centro Controllo Missione al Goddard Space Flight Center hanno quindi deciso di dare il comando di spegnimento definitivo prima che Polar arrivasse al suo destino finale.
L’ultima immagine inviata dalla sonda è stata questa.
Quando l’ha vista, il team della missione ha deciso di intitolarla “Cuore Spezzato”.
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