La sonda russa è partita come da programma ieri sera da Baikonur in direzione Marte, ma dopo un decollo perfetto eseguito in orario (2016 UTC) e l’esaurimento dei due stadi del vettore Zenith nei successivi 11 minuti, Phobos-Grunt si trovava in orbita di parcheggio in attesa delle due accensioni dello stadio orbitale che l’avrebbero inserita nella traiettoria iperbolica di fuga dal campo gravitazionale terrestre.
Invece le due accensioni non sono avvenute, anzi, i contatti con la grande sonda (13 tonnellate di peso) erano interrotti, anche a causa della incompleta copertura planetaria delle stazioni di ricezione russe.
In base alle prime analisi pare che lo stadio orbitale non si sia acceso intenzionalmente dato che non c’era la certezza dell’assetto del veicolo: se la direzione impostata non rispetta la rotta prevista il motore non deve spingere nella direzione sbagliata quindi potrebbe essersi giustamente rifiutato di avviarsi. Pare inoltre che il problema risieda negli Star-Tracker, i piccoli telescopi che stabiliscono il puntamento della sonda e, leggendo la posizione delle stelle, danno il riferimento al resto degli strumenti. In base a questo articolo dell’agenzia russa Interfax, il difetto si può ricondurre ad un incompleto sviluppo del software di tracciamento stellare, cosa che lascerebbe spazio ad una possibile soluzione.
Fonti russe darebbero per certa una prima prova di accensione dei motori per questa sera, 9 novembre. In questo modo si scagionerebbe definitivamente il sistema propulsivo e se l'accensione venisse mantenuta si potrebbe anche tentare immediatamente la partenza verso Marte, soluzione frettolosa che rischierebbe di condannare Phobos-Grunt.
Inoltre informazioni della prima ora davano per certa la necessità di eseguire l’iniezione sulla traiettoria interplanetaria entro tre giorni, ma successivi comunicati di Roscosmos allungavano i tempi disponibili per la soluzione a due settimane. Il primo limite così restrittivo era causato dalla mancata apertura dei pannelli solari, ulteriore problema che limitava l’autonomia alle sole batterie della sonda. I pannelli sono stati correttamente estesi, quindi il problema software, dando per scontato che solo di programmazione si tratti, può essere tranquillamente risolto con la correzione della programmazione e il successivo invio a bordo della sonda. Resta il vincolo della necessità di un invio diretto quando la sonda attraversa il territorio russo, sempre per la scarsità di stazioni di comunicazione al di fuori di esso.
Se invece si trattasse di un problema hardware, purtroppo ci sarà ben poco da fare e la missione potrebbe essere condannata al fallimento con il conseguente rientro incontrollato del veicolo a Terra, si calcola nel giro di un mese. Certamente è un oggetto più pericoloso degli ultimi due rientri a cui abbiamo assistito, ma i propellenti, abbondanti su Phobos-Grunt, sarebbero i primi a bruciare in una malaugurata distruzione atmosferica.
Da parte loro anche i Cinesi mostrano apprensione, oltre che per l’importante missione russa, anche per il loro orbiter rinchiuso all’interno di Phobos-Grunt che starebbe usando la sonda come taxi per raggiungere il Pianeta Rosso.
Speriamo bene, perché questa missione è decisamente ambiziosa e con il ritorno di 200grammi di suolo di Phobos (da qui il nome; grunt in russo significa “suolo”) darebbe molte risposte sulle origini del Sistema Solare.
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