Nel confermare che le comunicazioni con l’ormai debolissimo lander avvengono costantemente una volta al giorno, le informazioni disponibili evidenziano che Phoenix rimane senza energia ogni notte e nella tarda mattinata, con la luce solare, riesce a stabilire un contatto con uno degli orbiter che fanno da ripetitore con la Terra.
“È esattamente lo scenario che ci aspettavamo per la fase finale della missione, anche se la tempesta di sabbia l’ha anticipato di alcune settimane”, ha detto Barry Goldstein, Project Manager al Jet Propulsion Laboratory di Pasadena. “Stiamo cercando di ottenere ulteriori dati scientifici, cosa che potrebbe avvenire nei prossimi giorni, ma siamo consapevoli che ogni giorno potrebbe essere l’ultimo”.
Gli ingegneri al JPL e alla Lockheed Martin Space Systems di Denver stanno cercando di caricare nelle memorie flash della sonda le attività che Phoenix dovrebbe eseguire quando ha energia a disposizione e quindi quando si risveglia ogni giorno.
“L’osservazione meteorologica è la nostra massima priorità”, ha detto Peter Smith, capo scienziato. “Se ci fosse sufficiente energia potremmo leggere i valori di conduttività dallo strumento lasciato conficcato nel terreno e potremmo riprendere alcune fotografie che possono mostrare l’aumento della brina attorno e sopra il lander”
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