
“Per ora la parte di ghiaccio scoperta non è abbastanza estesa per eseguire una raccolta sufficiente per il test e per la successiva analisi”, ha detto Ray Arvidson della Washington University di St. Louis, soprannominato “dig czar” (lo Zar degli Scavi). “La raspa del braccio spingerà il ghiaccio nella pala grazie ad uno speciale meccanismo di cattura e gli scienziati vorrebbero anche raccogliere il materiale raschiato che resta nello scavo”.
Il terreno superficiale è ormai stato analizzato in tutti gli strumenti ed ora il team è impaziente di poter proseguire le analisi con il terreno duro più profondo.
“Il gruppo scientifico che segue Phoenix sta diligentemente analizzando tutti i risultati dei test provenienti dai vari strumenti”, ha aggiunto Peter Smith. “I primi schemi di interpretazione dei dati sono molto intriganti. Prima di rilasciare dei risultati, vogliamo però verificare che le nostre interpretazioni siano corrette conducendo dei test di laboratorio”.
Quando il braccio robotico ha terminato la prima misurazione di conduttività del terreno e stava ritornando in posizione di riposo, ha inavvertitamente urtato il sasso chiamato “Alice” e, grazie al sistema di sicurezza che ferma i movimenti in caso di resistenza, sono stati evitati danni. Dopo un’analisi durata un Sol intero è poi stata programmata una sequenza di movimenti che durante il Sol 48 hanno liberato e svuotato la pala del braccio, pronta per altro lavoro.
Nessun commento:
Posta un commento