Il campione di suolo marziano è nella prima cella del Wet Chemistry Laboratory che fa parte del Microscopy, Electrochemistry and Conductivity Analyzer ed iniziano finalmente le misurazioni di acidità e basicità del terreno.
Queste analisi servono per determinare se il ghiaccio presente sotto la superficie si sia mai sciolto e soprattutto se il terreno abbia altre caratteristiche favorevoli allo sviluppo della vita.
La discussione si sta però spostando sul TEGA, il sistema di fornelletti per identificare la composizione chimica del terreno. È necessario stabilire quale sarà il prossimo campione da analizzare, soprattutto in seguito ad alcuni problemi riscontrati nello strumento.
Attualmente gli scienziati stanno analizzando i dati che provengono dal primo esame della parte di suolo inserita nella prima cella. Delle otto celle a disposizione, la prima ha terminato il suo uso, mentre la seconda ha avuto un problema all’apertura degli sportellini di caricamento dei campioni.
La brutta notizia è che per un possibile problema meccanico, altre 3 celle potrebbero avere lo stesso malfunzionamento, mentre le rimanenti 3 dovrebbero consentire l’apertura completa di almeno una porticina.
Pare che non sia stato considerato un potenziale problema di interferenza fra porte vicine poste in celle contigue, quindi gli unici sportelli che potranno aprirsi dovrebbero essere quelli perimetrali.
Si tenterà comunque di caricare anche le celle malfunzionanti attraverso i pochi millimetri di spazio disponibile nelle porticine e si lasceranno le celle con maggior apertura all’analisi del ghiaccio.
“I test che abbiamo eseguito nei giorni scorsi sul simulatore a Terra hanno dimostrato che il braccio robotico riesce ad inserire il materiale simulato nelle celle, anche in quella configurazione sfavorevole” ha detto William Boynton della University of Arizona di Tucson, responsabile del TEGA. “Contiamo di risparmiare le celle che si apriranno meglio per l’analisi del ghiaccio”.
Per riuscire a far entrare il campione nel primo forno sono state utilizzate, per quattro giorni, le vibrazioni generate da un motore. Pare che questo abbia provocato un corto circuito nel cablaggio di quel forno, cosa che preoccupa gli scienziati e che consiglia di utilizzare gli altri forni con molta cautela.
Verrà quindi utilizzato il sistema di spargere i campioni sui forni invece di versarli compatti, per evitare di dover usare nuovamente le vibrazioni in modo massiccio per far superare i filtri d’accesso al materiale sotto test.
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